Notizie e comunicati
Beni comuni, Roma attende il suo regolamento
Secondo gli ultimi dati riportati in un recente comunicato dall’assessora al Verde di Roma Capitale, Laura Fiorini, sarebbero aumentate del 10% le aree verdi in adozione nel primo semestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019: sono state infatti approvate quest’anno 22 nuove adozioni (11 richieste attualmente in lavorazione) per un totale di 144 aree verdi manutenute a titolo volontaristico dai cittadini. Intenzione dell’amministrazione, spiega l’assessora, è incentivare questo strumento per sensibilizzare gli utenti alla cura del verde pubblico e contribuire a migliorare il decoro. La modulistica e le informazioni per fare richiesta di adozione e sulle planimetrie, divise per Municipi, sono reperibili sul sito di Roma Capitale a questo indirizzo; una volta che la propria richiesta è stata accettata, ciascuna associazione dovrà sottoscrivere un disciplinare tecnico-manutentivo nel quale vengono riportate le modalità e la tipologia di interventi che si intendono effettuare.
In attesa dell’approvazione definitiva del nuovo Regolamento per il verde pubblico e privato e del paesaggio di Roma Capitale (proposto dalla Giunta all’Assemblea Capitolina con decisione n. 2 del 16 gennaio 2019 e le cui Linee guida erano state approvate con DGC n. 6 del 14 aprile 2017), a Roma il Regolamento attualmente vigente in materia è quello relativo all’Affidamento in comodato d’uso per la gestione di aree a verde di proprietà di Roma Capitale compatibili con la destinazione a orti e giardini urbani (approvato dall’Assemblea Capitolina con Delib. n. 38 del 17 luglio 2015) che disciplina la gestione di spazi verdi pubblici da parte degli enti e delle associazioni affidatarie. I terreni sono destinati alla produzione senza fini di lucro di fiori, frutta e verdura per il fabbisogno dei soggetti gestori, su cui grava economicamente, in modo esclusivo, tutta la realizzazione del progetto: dai consumi legati alle utenze di acqua ed elettricità ai rischi di responsabilità civile per danni verso terzi, con l’attivazione a proprie spese di un’apposita assicurazione. Inoltre l’affidatario deve provvedere al censimento preventivo delle alberature presenti nell’area, a garanzia della loro salvaguardia. Il nuovo Regolamento per il verde di Roma Capitale, invece, introduce il principio di co-gestione del bene comune da parte di cittadini e amministrazione, inserendo all’art. 11 lo strumento del patto di collaborazione (il Dipartimento competente è quello di Tutela Ambientale) che disciplina contenuti, durata, obiettivi, attività di monitoraggio e vigilanza del progetto condiviso; è anche prevista l’attivazione di una polizza assicurativa a favore dei cittadini per eventuali danni causati a terzi (cfr. anche: Novità a Roma, patti di collaborazione per la cura del verde, Labsus - Laboratorio di sussidiarietà, 23 gennaio 2019).
L’elemento che contraddistingue i beni di proprietà comunale concedibili in comodato d’uso gratuito a enti e associazioni no profit, rispetto a quelli definiti più propriamente “beni comuni” - che siano giardini, piazze, cortili, aiuole, edifici e case ma anche beni immateriali e digitali, risiede infatti nel principio di “cura condivisa” che qualifica i secondi, a beneficio di tutta la collettività. Il patto di collaborazione è lo strumento che ne regola le modalità e si fonda sul principio di sussidiarietà orizzontale, sancito nella Costituzione italiana all’art. 118, IV comma, che recita: “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà”. Il contenuto del patto può variare a seconda della complessità degli interventi da concordare.
Come funziona nelle altre prime quattro città metropolitane per popolazione residente. A Milano, i patti di collaborazione per la gestione condivisa dei beni comuni sono stati approvati in via sperimentale con la Delibera della Giunta comunale n. 461 del 16 marzo 2018 e attualmente quelli attivi sono 22 (altri 7 in lavorazione, agg. 6 luglio 2020, cfr. Patti di collaborazione per la gestione dei beni comuni, Comune di Milano). La Disciplina per la partecipazione dei cittadini attivi alla cura, alla gestione condivisa e alla rigenerazione dei beni comuni urbani è stata approvata in via definitiva con Deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 20 maggio 2019. Nel patto di collaborazione sono previste forme di sostegno messe a disposizione dall’amministrazione ed eventuale supporto tecnico da parte del personale comunale; inoltre il Comune, con il coordinamento della Direzione competente, organizza per i cittadini proponenti un percorso di formazione pubblico negli ambiti entro i quali si sviluppa il progetto. La copertura assicurativa può essere attivata dall’amministrazione a vantaggio dei cittadini che ne sono sprovvisti.
A Napoli il percorso per disciplinare, promuovere e istituzionalizzare la gestione condivisa dei beni comuni in ambito urbano, con particolare riferimento alla gestione pubblica e partecipata del servizio idrico, è iniziato quasi dieci anni fa, con l’approvazione della Delibera di Giunta n. 740 del 16 giugno 2011 passata poi in Consiglio il mese successivo (Beni Comuni, Comune di Napoli). In un altro ambito, il Regolamento delle Consulte per la Disciplina dei beni comuni appartenenti al patrimonio immobiliare e ambientale pubblico come beni di appartenenza collettiva, proposto nel 2012, è stato approvato con Delibera di Giunta n. 17 del 18 gennaio 2013 e successivi emendamenti. Questi passaggi sono stati preceduti dall’istituzione, a marzo del 2011, del “Laboratorio Napoli per la Costituente dei beni comuni”. Una ulteriore Delibera di Giunta (n. 258 del 24 marzo 2014) definisce meglio le procedure per la gestione collettiva dei beni pubblici immobiliari, prevedendo la stipula di una convenzione tra l’amministrazione e il soggetto gestore; a questi spettano gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria funzionali agli usi per cui l’immobile viene richiesto, le spese di pulizia, delle utenze e degli oneri condominiali; le ulteriori spese che si dovessero rendere necessarie sono comunque inserite nelle previsioni pluriennali dei successivi bilanci del Comune. Dal 2011, inoltre, Napoli è dotata di uno specifico Regolamento per l’affidamento senza fini di lucro a soggetti pubblici e privati di spazi destinati a verde pubblico (DCC n. 48 del 21 dicembre 2011): su sottoscrizione di un’apposita convenzione, il soggetto affidatario si fa carico della manutenzione e pulizia dell’area e di ogni responsabilità civile e penale (cfr. anche Tre casi di studio: Napoli, Torino, Barcellona, Laboratorio Spazi, Fondazione Innovazione Urbana, Comune di Bologna, 2018).
Nella Città di Torino, il nuovo Regolamento per il governo dei beni comuni, in sostituzione del precedente, è entrato in vigore il 16 gennaio 2020 (Beni comuni urbani, Comune di Torino). La “cultura dei beni comuni” diventa non solo un principio, ma materia di percorsi di formazione e autoformazione promossi e organizzati dal Comune in collaborazione con le reti cittadine; nei patti di collaborazione (quelli finora firmati nelle 8 circoscrizioni comunali sono 58) vengono definite le attività e la durata del progetto, le modalità di fruizione collettiva, l’eventuale definizione di strumenti di governo condiviso (cabine di regia, comitati ecc.), le forme di sostegno, le reciproche responsabilità, le coperture assicurative necessarie e le eventuali modalità per lo svolgimento di attività a scopo di lucro che dovessero rendersi utili per l’autofinanziamento. Torino è anche dotata di un Regolamento del verde pubblico e privato, esecutivo dal 20 marzo 2006, che distingue tra la possibilità di affidamento (manutenzione svolta da privati in forma volontaria) e sponsorizzazione (realizzazione di interventi e manutenzione del verde da parte di soggetti privati in cambio dell’installazione di targhe informative).
A Palermo, il confronto tra amministrazione comunale, società civile e cittadini attivi per giungere all’approvazione del Regolamento di collaborazione tra i cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni urbani è stato avviato ufficialmente il 12 dicembre 2017 a Palazzo delle Aquile, in un incontro pubblico promosso da Labsus e CeSVoP - Centro di servizio per il volontariato delle province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani (Comune di Palermo). Vi sono previsti anche i patti di collaborazione o di cittadinanza, che comprendono percorsi formativi condivisi tra cittadini e amministratori già sperimentati sul territorio dal 2015. Pochi giorni dopo, su iniziativa dell’assessore alla Cittadinanza sociale e ai beni comuni, è stata attivata la casella di posta elettronica benicomuni@comune.palermo.it per continuare ad alimentare il dibattito e inviare osservazioni e proposte (Idee per la cura dei Beni Comuni urbani della città di Palermo, 21 dicembre 2017). Il Regolamento era stato proposto con Delibera del Consiglio Comunale n. 1 dell’8 giugno 2018 e nel mese di luglio 2020 è argomento di discussione in commissione terza. I principi che regolano la gestione e la disciplina dei beni comuni appartenenti alla collettività municipale, nonché la loro promozione, valorizzazione e tutela sono inoltre stati inseriti tra i 96 articoli della bozza di Modifica dello Statuto del Comune di Palermo.
Tema di enorme rilevanza, sul piano etico e giuridico, in grado di garantire la fruibilità di quei beni comuni che le scarse risorse pubbliche dimostrano attualmente di non poter assicurare (il Presidente ACoS, Carlo Sgandurra)
[nell’immagine di copertina: Planimetria generale delle aree verdi di Roma Capitale in adozione, agg. luglio 2019]